Attualità

"Siamo senza bagno e la notte facciamo i turni di guardia ma la protesta continua"

L’incontro con le studentesse protagoniste della protesta del caro affitti

Da sinistra Alessandra, Giorgiana, Francesca ed Elisa

Studenti in tenda contro il caro affitti: è questo uno degli argomenti clou (e in un certo senso anche tabù) che si trova al centro dei dibattiti, delle cronache e dell’opinione pubblica delle ultime settimane. Un problema, quello del caro affitti, che ben conoscono anche gli studenti che frequentano l’ateneo cittadino e che in questi giorni hanno piazzato le loro tende davanti al palazzo della Regione, in piazza Dante.

Ed è proprio qui, seduti per terra assieme a loro, davanti a libri di testo sottolineati e biscotti per uno spuntino, che Trentotoday ha cercato di capire e conoscere le loro storie e il motivo di questo loro gesto. Quattro ragazze hanno accettato di raccontarsi, ognuna con una storia diversa eppure, in un certo senso, così simili. Alessandra ha 21 anni, studia Sociologia e viene da Bergamo, anche Francesca (di Fondi e iscritta a Giurisprudenza) ed Elisa (studente di Lettere a Bologna, ma prossima al passaggio a Trento e originaria di Cremona) hanno 21 anni, mentre Giorgiana ha 19 anni ed è trentina; della val di Fiemme nello specifico.

Da lunedì 15 dormono e, di fatto, vivono nelle tende in piazza Dante. La prima domanda che viene spontanea è: perché? “Facciamo parte di Udu (Unione degli Universitari, ndr) e quando la rete nazionale si è mobilitata abbiamo deciso di unirci. Anche perché il problema del caro affitti e dell’emergenza abitativa a Trento è reale” spiega Francesca. Non mente, lo sa bene anche chi, da non studente, cerca casa in città. Le ragazze hanno cercato, senza mai trovare, affitti al di sotto dei 415 euro a stanza – più le spese – e spesso in abitazioni con classi energetiche che non consentono un risparmio netto. “Per non parlare poi di quegli spazi in cui vivono anche 10-11 persone” aggiunge Alessandra.

Disagi e problemi

Vivere in tenda, però, non è una passeggiata. Lo confermano tutte e quattro: dal problema dei bagni, passando all’oggettiva pericolosità di una zona come piazza Dante di sera (basta leggere le cronache per farsi un’idea), tanto che Elisa ammette: “Facciamo i turni di guardia per stare più tranquilli. Quindi il riposo non è proprio una cosa così facile”. E poi il vento, la pioggia, le power bank per ricaricare i cellulari o approfittare delle prese di corrente a lezione. Già, le lezioni: perché questa protesta non ferma il percorso universitario, e nemmeno quello lavorativo per chi ha un lavoro o fa il servizio civile.

Nonostante Trento non sia una città della grandezza di altre realtà universitarie come Bologna, Milano o Roma, i costi non sono poi così distanti da esse. Ci sono inoltre anche casi come quello di Giorgiana, che dopo il pendolarismo tra la valle e la città ha deciso di trasferirsi a Trento, facendo la richiesta per la borsa di studio: aveva tutti i requisiti, ma l’alloggio non c’era.  “Tecnicamente, sono considerata idonea ma non beneficiaria” spiega. Però, un lato positivo in tutto questo c’è, lo conferma Francesca: “C’è molta socialità tra di noi che abbiamo scelto di stare in tenda contro il caro affitti. Quindi si creano legami e reti che, magari, senza questa situazione non sarebbero mai avvenuti”. Insomma, non tutto il male viene per nuocere.

Le richieste

Va in un doppio binario la lista dei “desiderata” – o delle necessità impellenti – che gli studenti nelle tende lanciano sia a livello provinciale che nazionale. Per quanto riguarda Piazza Dante, e quindi anche chi sarà il presidente dopo il 22 ottobre, si chiedono investimenti pubblici per le residenze non private, trasporti pubblici nelle ore notturne e finanziamenti per l’Opera Universitaria. Come noto, invece, a livello nazionale, si chiedono tra le altre cose 50 milioni per il fondo aiuti per i fuorisede, un tetto all’aumento dei canoni, contrasto alla locazione in nero, riqualificazione energetica degli immobili.

“È importante che ci siano più posti negli studentati. Senza dubbio, è giusto dialogare con i privati, ma i posti negli studentati servono davvero tanto” conclude Francesca.


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